Paròll brüsàa
CHF 25,00
(…) Testimonianze in dialetto, come mezzo espressivo, spontaneo per
un autore appassionato e interessato al mondo e alla cultura che sono
alle spalle, e congeniali al dialetto stesso: usanze, tradizioni popolari,
modo di vivere e di comunicare, non solo della civiltà contadina ormai
frantumata, ma anche dei settori urbanizzati, livellati da “koinè” e
lingua standardizzata, depauperata, che non è mai l’italiano letterario.
Lavelli resta attaccato volutamente al suo microcosmo giubiaschese;
centro diventato ormai periferia, propaggine urbana della “Capitale”,
e che sicuramente con il grande dilagare edilizio e incremento etnico
che ha visto svilupparsi sul proprio territorio, vive giorno dopo giorno,
tutte le contraddizioni positive e negative che rimasticano ogni paese,
borgata o centro diventati, loro malgrado, satelliti di una città.
Non a caso, quando vuol succhiare alle origini, risalendo all’anima
del suo paese, egli s’inoltra tra “I cà tiraa inssema a grazz / in d’i
strecc d’i fraziùn, / indùa sa sent ammò visigaa / i ànìm stracch d’i
noss vegg“. A conferma che nel centro nevralgico e commerciale di
Giubiasco, al ritmo della vita convulsa d’oggigiorno, non vi sia più
spazio per assaporare sentimenti e vestigia del passato anche recente.
E poi si sa, in ogni centro, in ogni città, vi sono palazzoni che tolgono
la vista: “Gh’è sèmpar quaicoss, / magari un mür che scund / in cità,
al tramunt“. (Natàl 1982) …
(…) Testimonianze in dialetto, come mezzo espressivo, spontaneo per
un autore appassionato e interessato al mondo e alla cultura che sono
alle spalle, e congeniali al dialetto stesso: usanze, tradizioni popolari,
modo di vivere e di comunicare, non solo della civiltà contadina ormai
frantumata, ma anche dei settori urbanizzati, livellati da "koinè" e
lingua standardizzata, depauperata, che non è mai l'italiano letterario.
Lavelli resta attaccato volutamente al suo microcosmo giubiaschese;
centro diventato ormai periferia, propaggine urbana della "Capitale",
e che sicuramente con il grande dilagare edilizio e incremento etnico
che ha visto svilupparsi sul proprio territorio, vive giorno dopo giorno,
tutte le contraddizioni positive e negative che rimasticano ogni paese,
borgata o centro diventati, loro malgrado, satelliti di una città.
Non a caso, quando vuol succhiare alle origini, risalendo all'anima
del suo paese, egli s'inoltra tra "I cà tiraa inssema a grazz / in d'i
strecc d'i fraziùn, / indùa sa sent ammò visigaa / i ànìm stracch d'i
noss vegg". A conferma che nel centro nevralgico e commerciale di
Giubiasco, al ritmo della vita convulsa d'oggigiorno, non vi sia più
spazio per assaporare sentimenti e vestigia del passato anche recente.
E poi si sa, in ogni centro, in ogni città, vi sono palazzoni che tolgono
la vista: "Gh'è sèmpar quaicoss, / magari un mür che scund / in cità,
al tramunt". (Natàl 1982) …
Informazioni aggiuntive
| Peso | 600 g |
|---|---|
| Dimensioni | 21 × 14,8 cm |
| Autore | |
| Copertina | Semirigida |
| Formato | 14.8x21cm |
| Lingua | Dialetto, Italiano |
| Codice articolo | FE406 |
| ISBN | 978-88-8191-492-0 |
| Pagine | 192 |
Informazioni prodotto
Informazioni aggiuntive
| Peso | 600 g |
|---|---|
| Dimensioni | 21 × 14,8 cm |
| Autore | |
| Copertina | Semirigida |
| Formato | 14.8x21cm |
| Lingua | Dialetto, Italiano |
| Codice articolo | FE406 |
| ISBN | 978-88-8191-492-0 |
| Pagine | 192 |
CHF 25,00
(…) Testimonianze in dialetto, come mezzo espressivo, spontaneo per
un autore appassionato e interessato al mondo e alla cultura che sono
alle spalle, e congeniali al dialetto stesso: usanze, tradizioni popolari,
modo di vivere e di comunicare, non solo della civiltà contadina ormai
frantumata, ma anche dei settori urbanizzati, livellati da "koinè" e
lingua standardizzata, depauperata, che non è mai l'italiano letterario.
Lavelli resta attaccato volutamente al suo microcosmo giubiaschese;
centro diventato ormai periferia, propaggine urbana della "Capitale",
e che sicuramente con il grande dilagare edilizio e incremento etnico
che ha visto svilupparsi sul proprio territorio, vive giorno dopo giorno,
tutte le contraddizioni positive e negative che rimasticano ogni paese,
borgata o centro diventati, loro malgrado, satelliti di una città.
Non a caso, quando vuol succhiare alle origini, risalendo all'anima
del suo paese, egli s'inoltra tra "I cà tiraa inssema a grazz / in d'i
strecc d'i fraziùn, / indùa sa sent ammò visigaa / i ànìm stracch d'i
noss vegg". A conferma che nel centro nevralgico e commerciale di
Giubiasco, al ritmo della vita convulsa d'oggigiorno, non vi sia più
spazio per assaporare sentimenti e vestigia del passato anche recente.
E poi si sa, in ogni centro, in ogni città, vi sono palazzoni che tolgono
la vista: "Gh'è sèmpar quaicoss, / magari un mür che scund / in cità,
al tramunt". (Natàl 1982) …
Informazioni aggiuntive
| Peso | 600 g |
|---|---|
| Dimensioni | 21 × 14,8 cm |
| Autore | |
| Copertina | Semirigida |
| Formato | 14.8x21cm |
| Lingua | Dialetto, Italiano |
| Codice articolo | FE406 |
| ISBN | 978-88-8191-492-0 |
| Pagine | 192 |
Informazioni aggiuntive
| Peso | 600 g |
|---|---|
| Dimensioni | 21 × 14,8 cm |
| Autore | |
| Copertina | Semirigida |
| Formato | 14.8x21cm |
| Lingua | Dialetto, Italiano |
| Codice articolo | FE406 |
| ISBN | 978-88-8191-492-0 |
| Pagine | 192 |
Descrizione
(…) Testimonianze in dialetto, come mezzo espressivo, spontaneo per
un autore appassionato e interessato al mondo e alla cultura che sono
alle spalle, e congeniali al dialetto stesso: usanze, tradizioni popolari,
modo di vivere e di comunicare, non solo della civiltà contadina ormai
frantumata, ma anche dei settori urbanizzati, livellati da “koinè” e
lingua standardizzata, depauperata, che non è mai l’italiano letterario.
Lavelli resta attaccato volutamente al suo microcosmo giubiaschese;
centro diventato ormai periferia, propaggine urbana della “Capitale”,
e che sicuramente con il grande dilagare edilizio e incremento etnico
che ha visto svilupparsi sul proprio territorio, vive giorno dopo giorno,
tutte le contraddizioni positive e negative che rimasticano ogni paese,
borgata o centro diventati, loro malgrado, satelliti di una città.
Non a caso, quando vuol succhiare alle origini, risalendo all’anima
del suo paese, egli s’inoltra tra “I cà tiraa inssema a grazz / in d’i
strecc d’i fraziùn, / indùa sa sent ammò visigaa / i ànìm stracch d’i
noss vegg“. A conferma che nel centro nevralgico e commerciale di
Giubiasco, al ritmo della vita convulsa d’oggigiorno, non vi sia più
spazio per assaporare sentimenti e vestigia del passato anche recente.
E poi si sa, in ogni centro, in ogni città, vi sono palazzoni che tolgono
la vista: “Gh’è sèmpar quaicoss, / magari un mür che scund / in cità,
al tramunt“. (Natàl 1982) …







